La colonna sonora italiana nella seconda metà del XX secolo

Gianni Anastasi – desde siempre apasionado observador de la vida social y política de Italia – y Nico di Palo – músico italiano de primer nivel y voz inimitable de los míticos New Trolls – se encuentran. De este encuentro nace Il rumore dell’impatto (El ruido del impacto, ed. Aerostella, Milán): un trabajo escrito a cuatro manos que habla del desarrollo del Bel Paese a partir del final de la segunda guerra mundial, de las contradicciones y de los distintos pasajes socio-políticos que marcaron el llamado “boom económico” y de la banda sonora que acompañó esos cambios. Hoy tenemos el privilegio de convertirnos en testigos de todo ello, y de aquel paso del “blanco y negro” al “color” que se produjo en 50 años de Historia de Italia. Y queremos hacerlo por medio de la música. Un paralelismo entre vivencias de una sociedad y cambios musicales y éticos. Los unos unidos a los otros. Unos determinantes para los otros.

 

Parlare della musica italiana dagli anni ’50 alla fine del XX secolo è un compito arduo, perché ripercorrere la sua storia significa, inevitabilmente, attraversare la Storia con la S maiuscola, quella del Bel Paese.

Parliamo di quel Paese che, reduce da una lunga dittatura e da uno spaventoso dopoguerra, si rimetteva in piedi poco a poco, socialmente, politicamente e anche infrastrutturalmente, sulle note di uno swing di importazione americana che avrebbe ceduto il posto ai primi vagiti del rock and roll made in Italy, con Renato Carosone, Adriano Celentano e i cosiddetti “urlatori” come suoi principali esponenti.

Ma la colonna sonora della ricostruzione non veniva solo da oltreoceano, anzi. Arrivava sugli schermi delle prime televisioni in bianco e nero direttamente dalle rive del Mediterraneo. Per la precisione da Sanremo, la patria del festival più prestigioso e melodico d’Europa.

Domenico Modugno canta Volare a Sanremo 1958

Negli anni ’60, il periodo del boom economico legato alla ricostruzione finanziata dal Piano Marshall, la riconquistata pace sociale viene violentemente scossa dagli effluvi della rivolta che, partendo dalla Sorbona di Parigi, invade inesorabilmente come una metastasi il resto d’Europa… e l’Italia.

Le note di accompagnamento cambiano.

Perché sono cambiate le domande che saturano l’atmosfera, così come le risposte che si danno a queste. The answer my friend is blowin in the wind… “la risposta sta soffiando nel vento”, cantava Bob Dylan.

Ma la risposta a cosa?

A tutte le domande rivolte ai signori della guerra, ai padroni della cultura, ai guru della moda, ai docenti legati a un insegnamento ormai superato, alle dittature ancora molto presenti nel mondo, al razzismo non risolto ovunque e alle religioni viste come catene e non come fonte di liberazione.

E il ’68, oltre a scardinare l’ordine sociale, adotta come colonna sonora i temi delle nuove band che, sulla scia dei Beatles e dei Rolling Stones, danno vita a una musica molto nuova per quanto ancora molto italiana e mediterranea. I New Trolls, i Nomadi, l’Equipe 84, i Corvi, i Camaleonti, i Dik Dik, i Ribelli, la Formula Tre… e i cantautori, con Lucio Battisti in testa.

Lucio Battisti 1

Poi nell’agosto del ’69, il festival di Woodstock fa il resto, catapultando anche in Italia le forme, l’estetica, le movenze e la nuova filosofia del peace and love, tramite i suoi migliori esponenti musicali: Jimi Hendrix, Carlos Santana, Joe Cocker, Led Zeppelin, Genesis, King Crimson e un lungo eccetera portano nei nostri palazzetti dello sport non solo tutta la loro nuova carica musicale ma anche i venti della rivolta al vecchio, a tutto ciò che non è più attuale.

Il risultato è una nazione in subbuglio ormonale-generazionale che ha la “propria” colonna sonora, mentre le gonne si accorciano, le cravatte scompaiono, le camicie diventano a fiori, i pantaloni a zampa d’elefante e i barbieri notano la crisi. Si parla di India, di “sguardi interni”, di beat generation, e le prime droghe leggere cominciano a lasciarsi dietro il loro inconfondibile odore anche sulle rive delle coste italiane.

Quest’ondata di novità travolge persino il neorealismo italiano – il cinema della risata che piange – e lo fa a tal punto da spazzarlo via gradualmente, per lasciar spazio ai nuovi talenti che propongono un’angolatura diversa sulla realtà: è il momento di Fellini, di Antonioni, di Risi, e poi di Rosi, di Bellocchio, dei fratelli Bertolucci…

È proprio in questo calderone che spuntano i New Trolls, quattro ragazzi genovesi che, spinti da Fabrizio de André, loro mecenate, sfornano l’ineguagliabile “Concerto Grosso per i New Trolls”, il primo esperimento italiano di rock sinfonico con orchestra, un’orchestra diretta da Luis Enríquez Bacalov, vincitore nel 1996 dell’Oscar per la colonna sonora de “Il Postino”.

Sono loro i pionieri del nuovo sound e sono loro a vivere in prima persona quella rivoluzione. A 360 gradi.

Purtroppo, col decennio successivo, quei grandi fermenti politici ed esistenziali – accompagnati da una colonna sonora che nel frattempo è cresciuta ed è migliorata esponenzialmente in qualità – si vedranno inquinati dal triste fenomeno del terrorismo e delle opposte fazioni. Sono gli anni ’70, gli anni del rapimento e dell’assassinio a mano delle Brigate Rosse (almeno ufficialmente) dello statista Aldo Moro, progettista della grande alleanza tra i cattolici e la sinistra storica italiana.

Aldo Moro - Brigate Rosse

E di fronte a tutto ciò Sanremo rimane lì, ricoperta di fiori, pronta a testimoniare, con il suo Festival conosciuto nel mondo, che “tutto deve cambiare perché tutto resti immutato”, per dirla con le parole del Principe di Salina. Resiste, impavido, alle spinte delle nuove ondate musicali, malgrado i cambiamenti di costume, le centinaia di morti degli anni ’70, le carceri speciali, la mafia, la camorra, la ‘ndrangheta, gli scandali politici e il malgoverno che in tutti quegli anni caratterizzano la vita quotidiana della Bella Italia. Canta che ti passa!, recita un diffuso modo di dire.

Per concludere: scrivere la biografia di Nico di Palo è stato solo un pretesto per riattraversare gli anni in cui il Bel Paese sperimentò, a tutti i livelli, quella graduale ed inarrestabile trasformazione che lo fece passare dal “bianco e nero” al “colore”. Perché il grande cambiamento musicale e di costume, di cui il cantante dei New Trolls è stato uno dei maggiori protagonisti ed io un semplice, ma attento, spettatore, non può essere analizzato fuori dal suo “brodo di coltura” naturale, cioè quello di una grossa e permanente tensione politica e culturale.

O viceversa?

Gianni Anastasi